Negli ultimi anni, più di una volta, il Governo è intervenuto in materia di antiriciclaggio. Diverse figure professionali sono state coinvolte nelle nuove disposizioni a volte, direi, abusando della loro collaborazione nella lotta ad un fenomeno che si è accentuato anche per via della globalizzazione e dell’entrata di nuovi stati nell’Unione Europea.
Numerosi sono stati i professionisti (avvocati e commercialisti) che tramite i Consigli nazionali hanno avanzato quesiti al MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) sia sull’ambito di applicazione degli obblighi antiriciclaggio che sulle modalità operative, con riferimento a situazioni tipiche dell’attività svolta da detti soggetti.
Innanzitutto si evidenziano ulteriori soggetti tenuti ad adempiere agli obblighi antiriciclaggio: Caf ed Associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, amministratori e dirigenti di società, sindaci e revisori.
Appare evidente l’intento del Governo: “arruolare” tutti gli operatori economici affinché vigilino e segnalino i trasgressori della normativa sull’antiriciclaggio. E’ palese che questo “servizio statale” non sia remunerato anzi sottoponga involontariamente i soggetti sopra citati a pesanti responsabilità alle quali potrebbero fare seguito sanzioni di natura pecuniaria e non.
Appare assurdo quando il MEF precisa che l’attività di mera redazione e trasmissione di tutte le dichiarazioni derivanti dagli obblighi fiscali è esonerata dagli obblighi dettati dalla normativa sull’antiriciclaggio, per lo più annovera tra le attività esenti anche gli adempimenti in materia di amministrazione del personale.
Queste precisazioni che sembrano scontate non lo sono invece per noi commercialisti che ci troviamo davanti ad una normativa “zoppa” e che, ribadisco, ci attribuisce responsabilità ulteriori, tra l’altro, non remunerate. Il professionista non può fare la spia del proprio cliente, di certo può ammonirlo ed estraniarsi dal suo agire: con discrezione e professionalità.
Ci si trova di fronte a paradossi quali l’obbligo di registrazione dei pagamenti degli F24 superiori ai 15.000 euro effettuati con modalità telematiche, sia che avvengano dal conto del cliente che da quello del professionista. Questa interpretazione appare sproporzionata: gli studi commerciali dovrebbero acquistare nuovi software per adempiere a tali obblighi, nuove persone dovrebbero seguire questo adempimento e, magari, si dovrebbero fare le corse per predisporre le dichiarazioni fiscali e sacrificare tempo alla consulenza? Ma le banche non vengono mai chiamate in causa? O si preoccupano di mettere l’imposta di bollo sugli assegni circolari? (mera provocazione).
E’ evidente che fatta la legge subito si trova l’escamotage: pagamenti in contanti per 15.000,00 euro frazionati in più momenti, ed ecco che interviene il MEF precisando che possono essere riferiti a singole operazioni solo se queste possono essere considerate distinte e autonome o derivano dalla natura stessa dell’operazione posta in essere (ad esempio il contratto di somministrazione) oppure sono state previste preventivamente con un accordo tra le parti (ad esempio il pagamento rateale inserito in fattura). Però, anche in questi casi, l’Amministrazione ha sempre la potestà discrezionale di valutare caso per caso… forse lascia la porta aperta perché potrebbero verificarsi casistiche che ancora non ha esaminato?
Dopo aver sconvolto tutti gli operatori economici, i quali hanno sostenuto ingenti costi per adeguarsi alla normativa ed a distanza di un lasso di tempo breve, il Governo interviene con il D.L. n. 112/2008 con il quale, a decorrere dal 25/06/2008, cambia i limiti dei trasferimenti in contanti passando da euro 5.000,00 a euro 12.500 e, per quanto riguarda la clausola di non trasferibilità, questa dovrà essere evidenziata solo sugli assegni di importo pari o superiore ai euro 12.500,00, fermo restando la necessità di pagare l’imposta di bollo di euro 1,50 per ciascun assegno trasferibile. Infine anche il saldo dei libretti di deposito al portatore è stato innalzato da euro 5.000,00 ad euro 12.500,00.
In conclusione, mi sento di affermare che la normativa sull’antiriclaggio è necessaria per combattere il “lavaggio” di danaro, frutto di illeciti, ma dovrebbe essere in primis lo Stato ad organizzarsi con figure professionali e non con i professionisti (avvocati e commercialisti): lo Stato non può fare lo spettatore del mercato italiano!
Lorenzo Casali