Andrea Mandolesi

Giustizia sportiva e vincolo sportivo

Quando si parla di giustizia in ambito sportivo ci si riferisce al complesso di quegli istituti predisposti all’interno delle varie organizzazioni e  da queste utilizzate per risolvere e dirimere le controversie nascenti tra atleti e associazioni di appartenenza quali, in primis, le federazioni. L’autonomia di questa peculiare forma di giustizia, non a caso definita “domestica”, trova fondamento nell’art. 2 della Costituzione laddove, come noto, si sancisce il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità. Ebbene, l’ordinamento sportivo rappresenta, di certo, un’evidente espressione di formazione sociale. 

All’interno della giustizia domestica (così definita proprio perchè si pone in netto distacco da quella statale, riguardando aspetti decisamente irrilevanti per l’ordinamento statale), la dottrina ha proceduto a distinguere ed individuare, a seconda delle varie tipologie di controversie, quattro differenti forme di giustizia sportiva: ci riferiamo, in particolare,  alla giustizia tecnica, disciplinare, economica e amministrativa.

 

Ovviamente, e non potrebbe essere altrimenti, quella tecnica ne rappresenta una forma essenziale poichè ogni federazione codifica un regolamento da far osservare durante la competizione sportiva al precipuo fine di garantire l’assoluta uniformità delle regole per tutti i partecipanti. In buona sostanza, ogni qual volta vi siano contestazioni in merito alle regole che disciplinano lo svolgimento di una gara sportiva, interviene la giustizia tecnica. E’ fondamentale, pertanto, che ogni federazione adotti un preciso ed uniforme regolamento di gara affinchè si possa garantire l’omologazione del risultato e la partecipazione a  competizioni internazionali. 

 

Infatti, il fine essenziale che vuole perseguire la giustizia tecnica è l’omologazione e acquisizione del risultato finale di una gara sportiva. Nel mondo del calcio, ad esempio, è evidente che il regolamento di gioco non  possa essere determinato autonomamente da una singola federazione (la nostra F.I.G.C., per intenderci), poichè, così ragionando, si finirebbe per avere regole diverse da nazione a nazione rendendo per l’effetto impossibile lo svolgimento di partite in campo internazionale.

 

Il primo grado di giustizia sportiva “tecnica” si concretizza direttamente sul campo di gioco attraverso la direzione dei giudici di gara (arbitri nel calcio) che sono chiamati ad interpretare il regolamento in maniera tempestiva e la cui decisione è, spesso, insindacabile. Si pensi, ad esempio, all’errore dell’arbitro nel corso di una partita di calcio: in caso di errore, la sua decisione rimarrà irrevocabile, salvo intervenga l’ammissione dell’errore da parte del giudice di gara medesimo. Nel caso in cui, invece, la decisione controversa non abbia ad oggetto questioni esclusivamente tecniche sarà possibile impugnare la decisione mediante reclamo dinanzi agli organi federali. Le commissioni di primo e secondo grado saranno chiamate a giudicare sulle presunte irregolarità verificatesi nel corso di una competizione sportiva. 

 

Il secondo tipo di giustizia, quella disciplinare, è invece finalizzata all’accertamento ed alla conseguente punizione dell’associato che abbia violato i regolamenti delle Federazioni. Potremmo dire che questo tipo di giustizia domestica abbia la medesima funzione assunta in ambito statale dalle sanzioni penali potendo arrivare, nei casi più gravi, fino all’applicazione di sanzioni espulsive. In ogni caso, rispetto a quello penale, l’illecito sportivo non ha il carattere della determinatezza della fattispecie potendo invece essere oggetto di ampia scelta da parte del Giudice sportivo qualora sia chiamato ad applicare una sanzione. Trattasi, in buon sostanza, di norme che, difettando del requisito della tipicità (come appunto nel diritto penale), descrivono in maniera “generica” il comportamento che deve essere osservato. Una su tutte, la disposizione che prescrive di osservare i doveri di buona fede e lealtà sportiva, lasciando al giudicante ampia libertà nell’individuazione dei comportamenti irregolari.

 

In ogni Federazione è previsto un meccanismo ad hoc per lo svolgimento del giudizio e dell’eventuale irrogazione della sanzione, chiamato procedimento disciplinare. Esiste, infatti, un vero e proprio Procuratore federale con il precipuo compito di esercitare l’azione disciplinare qualora vengano commesse violazioni. Al termine dell’istruzione del procedimento (attuato attraverso una vera e propria indagine caratterizzata da interrogatori, audizione di testimoni, acquisizione di documenti), il Procuratore potrà deferire l’inquisito/i all’organo disciplinare oppure, in mancanza di elementi, richiedere l’archiviazione. Ovviamente, poi, viene prevista la possibilità di appellare le decisioni davanti agli organi collegiali di secondo grado (CAF, nel calcio). 

 

Il terzo tipo di giustizia, quella economica, riguarda le controversie di natura patrimoniale nascenti tra atleti e società sportive. Trattasi di controversie nelle quali le parti sono portatrici di interessi personali di pari grado e rispetto ai quali la federazione non assume il ruolo di parte in causa ma di terzo imparziale a cui viene demandata la funzione di garantire una giusta risoluzione della controversia.

 

Tutte le questioni economiche possono esser risolte innanzitutto per mezzo di collegi arbitrali; ciò avviene quando le parti concordemente abbiano pattuito di devolvere la risoluzione della controversia a tali giudici attraverso una clausola compromissoria; altra tipologia di risoluzione delle controversie è il ricorso agli organi federali. Tra questi ultimi organi, per i quali vigono i principi ispiratori del diritto processuale civile, vi rientrano le Commissioni tesseramenti  e la Commissione vertenze economiche. La prima si occupa delle controversie riguardanti il vincolo o tesseramento. La seconda commissione, invece, risolve le questioni tra i club in relazione al trasferimento di atleti (oltre a tutte quelle controversie in materia di obblighi risarcitori previsti dalle norme federali, quali il premio alla carriera, il premio di addestramento e formazione).

 

Pochi cenni, infine, merita l’ultima forma di  giustizia sportiva o domestica: quella amministrativa. Con giustizia amministrativa in ambito sportivo si fa esclusivo riferimento a quei casi, a dire il vero residuali, in cui viene riconosciuto un rimedio impugnatorio interno contro le deliberazioni dell’organo amministrativo federale. Trattasi di rimedi solo raramente applicati, anche e soprattutto perchè si tratta di atti ritenuti rilevanti anche per l’ordinamento statale che in effetti ne prevede un vaglio da parte del Giudice amministrativo. 

  

Con vincolo di giustizia o clausola compromissoria, viene intesa quella disposizione rinvenibile negli statuti delle federazioni sportive che impone ai singoli tesserati e agli affiliati di risolvere le controversie che li coinvolgono attraverso la giurisdizione domestica e quindi sportiva.

 

Il suddetto vincolo, come anticipato, è inserito nella maggioranza degli statuti federali, tra i quali, ovviamente, il calcio, ma non solo; un vincolo di giustizia è infatti inserito anche in quelli della federazioni della pallacanestro e pallavolo; nello statuto della FIGC, il vincolo si concretizza nella impegno per tutti coloro che aderiscono alla federazione sportiva di accettare l’efficacia di tutti i provvedimenti adottati dalla federazione nelle materie avente carattere sportivo. Stesso dicasi per la pallacanestro e per la pallavolo nei cui rispettivi statuti è previsto un “obbligo” per gli affiliati e tesserati appartenenti alla federazione di ricorrere agli organi di giustizia sportiva domestica rinunciando, invece, ad adire la giurisdizione dello stato.

 

Qualunque sia, quindi, la federazione di appartenenza dell’affiliato o del singolo tesserato, il vincolo di giustizia comporta l’accettazione delle norme e dei provvedimenti emanati dall’associazione e, conseguentemente, la preclusione di ricorrere alle autorità diverse da quelle sportive pena l’irrogazione di sanzioni.

 

E’ evidente quale sia lo scopo che ogni federazione vuole perseguire mediante siffatte clausole: garantire, come lo sport richiede, una rapida ed efficace risoluzione delle controversie sportive escludendo le lungaggini dell’intervento statale.

 

Queste sinteticamente le caratteristiche del cosiddetto vincolo o clausola compromissoria che, è bene ricordarlo, hanno presentato e presentano a tutt’oggi, profili dubbi sul piano della legittimità costituzionale. Tante sono le problematiche sorte rispetto a quanto sancito in ambito costituzionale. La stessa Corte di Cassazione ha, più di una volta, affermato l’illegittimità del vincolo di giustizia inteso in senso assoluto riconoscendo per converso, sempre e comunque, il diritto di adire la giurisdizione dello stato.

 

In buona sostanza, nulla impedisce, quanto meno a rigor di principio, di adire direttamente l’autorità statale senza che, previamente, venga adito il giudice sportivo.

 

A tal proposito, qualche doveroso accenno merita, poi, la legge n. 280 del 2003 laddove indica espressamente le questioni riservate alla giustizia sportiva, precisando che in quelle materie i tesserati e affiliati hanno il dovere di adire gli organi di giustizia propri dell’ordinamento sportivo.

 

Con il c.d. decreto “Salvacalcio”, covertito appunto con la legge n. 280 del 2003, lo Stato ha sancito l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, ad eccezione delle situazioni giuridiche soggettive che siano rilevanti per l’ordinamento statale. In particolare, l’art. 2 della suddetta legge riserva all’ordinamento sportivo l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie allo scopo di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive. Altra materia nella quale la società, l’associazione e i loro affiliati, hanno l’obbligo di adire esclusivamente gli organi sportivi è quella  relativa a tutti quei comportamenti rilevanti dal punto di vista disciplinare compresa l’irrogazione delle conseguenti sanzioni sportive. E’ evidente, pertanto, come l’intento del legislatore sia stato quello di riservare alla cognizione esclusiva della giustizia dello sport quelle materie (tecniche disciplinari) che risultino prive di rilevanza e/o interesse per l’ordinamento statuale. 

 

L’art. 3 della legge in esame, infine,  attribuisce ai soggetti sportivi la facoltà di adire anche il giudice ordinario per ciò che riguarda le controversie cosiddette economiche (rapporti patrimoniali tra le società, associazioni ed atleti); mentre, proseguendo nella lettura della norma si evince la volontà di devolvere quelle controversie aventi ad oggetto atti del Coni o delle federazioni sportive (e non riservate alla giustizia sportiva in via esclusiva, come previsto ex art. 2),  alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (TAR del Lazio, con sede in Roma), a condizione che siano esauriti tutti i gradi della giustizia sportiva.